Il M5S vuole inoculare il virus della buona agricoltura e lo fa discutendo i nuovi modelli che indirizzano il settore verso un’agricoltura sostenibile in un dibattito molto partecipato, domenica scorsa a Pordenone.

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L’agricoltura che vogliamo coinvolge davvero i consumatori, che oggi sono soltanto parte passiva dell’intero processo, incapaci di affiancare le scelte dei produttori. Un’agricoltura etica, che permetta di garantire un reddito più che dignitoso agli agricoltori e che sia rispettosa dell’ambiente che ci circonda. Un’agricoltura che dia vita a prodotti sani e vitali, che contribuiscano a mantenere e riacquistare salute. Un’agricoltura biologica, totalmente priva di prodotti chimici di sintesi, un’agricoltura biodinamica, orientata al rinnovamento delle tecniche di produzione.

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L’agricoltura, nella visione del Movimento 5 Stelle, é un settore giovane e aperto alle nuove esperienze che fanno scuola nelle varie realtà italiane. Nel dibattito, sono stati citati esempi di agricoltura partecipata, dove produttori e consumatori costituiscono gruppi “sociali e democratici”, nei quali si decide insieme a partire dai bisogni di entrambe le parti che cosa coltivare in un reciproco impegno responsabile e partecipato. Gruppi in cui si esercita l’autocontrollo delle tecniche di produzione, facendo diventare i cittadini parte attiva nel settore.

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Agricoltura partecipata significa liberalizzare lo scambio di sementi tra agricoltori, significa mantenere la biodiversità dell’habitat naturale, ma anche dei soggetti agricoli. In poche parole, l’agricoltura che vogliamo non é quella dove ci siano solo pochi grandi produttori che poggiano la propria forza nei grandi numeri, ma è quella diffusa che lascia spazio anche ai piccoli, alla qualità, alle produzioni locali, senza mortificare nessuna idea imprenditoriale e contadina, grande o piccola che sia.

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In quest’ottica, va di certo rinnovata la Politica Agricola Comune Europea, che finora ha premiato le posizioni di rendita fondiaria favorendo i grandi produttori a scapito dei piccoli, destinando molte risorse economiche alle superfici e molte meno alle idee e alle azioni positive. Così, invece di armonizzare le agricolture europee, in modo da armonizzare le più deboli, favorire l’occupazione di qualità e stimolare lo sviluppo di nuove iniziative, la Pac ha accentuato i divari rendendo i forti sempre più forti e facendo man mano scomparire i più deboli. Dal nostro punto di vista, la Pac non ha solo favorito lo status quo, lo ha peggiorato.

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Per il M5S non è esagerato parlare di fallimento delle politiche europee, pensando anche ai fondi impiegati che hanno assorbito la gran parte del bilancio dell’Unione. Noi vogliamo cambiare musica e suonatori. Siamo in Europa anche per questo. Il salto del paradigma é possibile e lavoreremo ad ogni livello, dai piccoli Comuni al Parlamento europeo, per realizzarlo.