Hanno ucciso Reyhaneh Jabbari.

Stanotte l’hanno impiccata, nell’indifferenza quasi totale della comunità internazionale, dell’Unione europea e anche di gran parte dell’Europarlamento, che non ha saputo far sentire la propria voce per tentare di fermare un atto deprecabile.

Reyhaneh – una donna, una mamma, iraniana, di appena 26 anni – era accusata di omicidio. Sette anni fa ha ammazzato un uomo, che la stava stuprando. Poteva avere salva la vita se avesse ritrattato l’accusa nei confronti di quello che è al tempo stesso diventato aguzzino e vittima. Reyhaneh non si è piegata: con coraggio è andata al patibolo, ha lasciato che – ed è un atto di violenza che si aggiunge alla già efferata violenza dell’impiccagione – il figlio di quell’uomo le togliesse la sedia da sotto i piedi e con quella la vita. 

Jabbari_2887273bA noi resta il rammarico di non essere riusciti a fare di più, di non essere riusciti a organizzare una vera mobilitazione dell’Europarlamento e dell’opinione pubblica internazionale per quello che è un atroce omicidio, che priva un figlio della propria madre e lede senza ritegno la dignità delle donne.

Nei giorni scorsi con i colleghi portavoce europei del Movimento 5 Stelle avevamo sottoscritto un appello congiunto al presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz, chiedendogli di rivolgersi alle autorità iraniane per condannare con fermezza la sentenza capitale pronunciata nei confronti di Reyhaneh. Invece, nulla.

L’Europa non può rimanere così assurdamente inerte di fronte a queste azioni di deprecabile violenza e l’Unione europea, del resto, non può restare immobile, non confutando di fatto la tesi di chi ritiene che sia un inutile apparato di burocrati. Non è poi più accettabile che in nome di meri interessi economici si chiudano entrambi gli occhi dinanzi alle violenze e agli omicidi legalizzati di regimi totalitari, continuando con atteggiamento pilatesco a continuare a fare affari con questi Stati che portano avanti azioni criminali.