Lo scorso 8 giugno è passata quasi inosservata questa ricorrenza: la “Giornata mondiale degli oceani”, istituita dall’Onu nel ’92.

E’ evidente che quando si istituisce la “giornata del” normalmente lo si faccia per tenere alta l’attenzione su un tema particolarmente importante e che va monitorato, discusso, considerato.

Credo che l’acqua di questo pianeta non sia un tema da sottovalutare, visto che è la nostra fonte di vita, soprattutto quando abbiamo la consapevolezza o quantomeno il sospetto che non tutto vada per il meglio.

Infatti, pur sapendo che dall’acqua degli oceani dipendono il clima, l’ossigenazione, le biodiversità marine, giusto per citare i fenomeni più eclatanti, comunque gli oceani gradatamente stanno diventando l’immondezzaio del pianeta.

Per chi non conoscesse il Pacific Trash Vortex, questo non è altro che un’enorme continente galleggiante, interamente formato da plastica. Le stime delle sue dimensioni (variabili vista la composizione) vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² praticamente un’area più grande degli USA. Ribaltare una situazione del genere è un’impresa epica ma non si può non farlo, è vitale. Inquinare il mare significa tra le altre cose uccidere i coralli, e il 30% circa della biodiversità marina è presente proprio dove ci sono i coralli.

Il tema è molto complesso e non lo posso certo sviscerare tutto in poche righe, ma quel che mi preme trasferirvi è la necessità di essere consapevoli di quanto avviene in torno a noi. L’oceano non è così lontano come sembra, e gli effetti sulla sua vitalità influiscono nella nostra quotidianità, anche se qui ci sembra di essere lontani.