Non possiamo più permetterci un’organizzazione del mondo agricolo vecchia e pesante. Oggi più che mai l’agricoltore è un imprenditore. Alla tradizione e alla passione vanno affiancate la formazione e l’innovazione, a partire dai corsi universitari. Perché sono innanzitutto i giovani a dover portare avanti il cambiamento nelle produzioni agricole.

Durante la missione di tre giorni (21-23 luglio) sulle Alpi francesi con la commissione agricoltura del Parlamento Europeo ho avuto modo di visitare aziende che fanno dell’innovazione il proprio credo, giovani che si sono avvicinati al settore perché hanno compreso che l’agricoltura è dinamica e vogliono contribuire a migliorare la qualità di ciò che mangiamo.

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Ma per avvicinare davvero i giovani alla terra, dobbiamo anche rimuovere le barriere economiche contro cui si scontrano quando vogliono aprire un’attività agricola. Per sostenere i massicci investimenti iniziali servono fondi mirati, realizzati su misura anche dalle Regioni, che di finanziamenti europei, spesso, ne hanno talmente tanti da non riuscire a spenderli.

Quando i giovani hanno la possibilità di entrare nel mercato la differenza si vede. Visitando un’azienda guidata da tre ragazzi che non provengono dal mondo agricolo ho subito notato un approccio moderno e un utilizzo efficiente delle materie prime e dei processi produttivi.

L’azienda non butta via nulla. Ad esempio, utilizza l’aria riscaldata dal sole nella parte alta della stalla per velocizzare il processo di essicazione del fieno. La produzione è stata differenziata e i tre ragazzi gestiscono anche parte della vendita dei prodotti finiti.

Un chilo del loro formaggio, pagato 7 euro, si trova a Parigi a 26 euro. Su un euro di costo per il consumatore, 7 centesimi sono per la produzione della materia prima, 11 per la trasformazione, il resto nella distribuzione.

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E’ palese che per ottenere una vera e propria svolta occorre mettere un freno ai distributori e creare delle reti tra produttori e consumatori.

Innovare significa anche garantire la qualità dei nostri prodotti e dell’ambiente che ci circonda. Non usare sostanze chimiche, ma trattamenti biologici sempre più all’avanguardia. Monitorare le abitudini delle piante e degli animali per comprendere qual è il metodo migliore da usare.

L’impressione, comunque, è che ancora oggi i produttori locali si approccino alle Dop come se fossero un concetto strano. Ci sono ancora molte resistenze. Il rispetto dei disciplinari costa sacrifici, ma è necessario superare le difficolta per poter affermare i propri prodotti anche su mercati lontani.

Anche il concetto di chilometro zero e di fare rete a livello locale per valorizzare le eccellenze del territorio non sembra aver fatto presa.

La politica e le associazioni di settore devono lavorare per far comprendere che produzioni agricole sane, efficienti e di qualità rappresentano un valore aggiunto incredibile per il territorio, che in questo modo acquisterebbe valore, attrattività e garantirebbe una vita decisamente migliore ai propri cittadini.