A livello europeo sono stati effettuati molti esperimenti mirati ad accrescere la consapevolezza dei cittadini in materia di riuso, riciclo, ricondizionamento dei prodotti, fornitura di servizi che consentono ai consumatori di godere di beni senza la necessità di possederli.

Un insieme di azioni che possono essere ricondotte ad un unico concetto, quello dell´economia circolare, che permette di dare alle materie prime una seconda vita. Il merito di chi organizza iniziative in tal senso è enorme, ma purtroppo non basta per far adottare un modello di economia circolare all’Italia e all’Europa.

Possiamo ottenere un vero salto di paradigma solo se saremo capaci di ripensare il prodotto sin dalla sua progettazione. Un oggetto non può terminare il proprio percorso da rifiuto, ma va progettato in modo da riutilizzare tutte le sue parti. In questo l’Europa, dovrebbe fare da traino, creando una vera e propria task force per riprogettare i nostri prodotti, che metta insieme le esigenze dei consumatori e dell’industria, che sia spalleggiata dagli istituti di ricerca e dai designer, così da realizzare prodotti non solo utili, ma anche belli. A mio avviso, è possibile raggiungere un vero cambiamento solo con azioni concrete e determinate da parte delle istituzioni.

Foto del cazzo

In quest’ottica, la politica deve dare un indirizzo forte. Immagino un futuro dove i prodotti che non si adeguano ai nuovi standard pro-riciclo vengano tassati. Un futuro dove prodotti non progettati per una seconda vita dei loro componenti vengano persino vietati. Il livello tecnologico attuale ci permetterebbe di cominciare subito questo ragionamento.

Rimettere in circolo gli oggetti di tutti i giorni, significa educare noi stessi e gli altri a non sprecare ciò che abbiamo, significa rispettare la natura che ha risorse limitate e non infinite, ma significa anche creare più occupazione. Senza dimenticare che sfruttare al massimo il valore delle risorse, mantenendo le materie prime in circolo il più a lungo possibile sarebbe un’ottima strategia economica.

I pregiudizi di investitori e aziende si superano con i numeri, e ormai gli studi a supporto dei risparmi creati dall’economia circolare sono molteplici. Un report della Ellen McArthur Foundation, per esempio, afferma che se le industrie evitassero di buttare fino all’80% degli scarti, risparmierebbero 706 miliardi di dollari all’anno, generando occupazione e tagliando le emissioni. Lo studio spiega che i costi di produzione dei prodotti potrebbero essere dimezzati se cellulari, lavatrici e altri beni fossero facili da scomporre terminato il loro ciclo di vita, in modo da riutilizzare le singole parti per altri scopi.

Alla luce di questo, dispiace ancora di più che il presidente della Commissione Europea Jean Claude Juncker abbia deciso di ritirare il dossier sull’economia circolare, trincerandosi dietro la vaga promessa di presentarne uno migliore nel 2015. Evidentemente l’esecutivo europeo preferisce continuare a privilegiare le politiche a supporto dei combustibili fossili, piuttosto che mettere le basi per un’alternativa economica etica, solida e duratura.