Oggi, in base alla normativa sul commercio elettronico, le piattaforme non sono tenute a monitorare in maniera costante i contenuti caricati dagli utenti, ma devono attivarsi quando ricevono una notifica di violazione.

Nella proposta di riforma del diritto d’autore che cominciamo a discutere in commissione Mercato Interno e Protezione Consumatori al Parlamento Europeo, però, l’Europa ha pensato bene di inserire una novità: la verifica dei contenuti deve essere preventiva, e le piattaforme come YouTube, DailyMotion, Vimeo e le loro concorrenti, devono dotarsi di strumenti in grado di fare da filtro in maniera rapida, sistematica e su una grande mole di contenuti.

Il problema è che i criteri per filtrare i video caricati su Internet sono totalmente arbitrari. In pratica, si stanno gettando le basi per una censura di scala.

Censura di scala (a danno dei piccoli)

Prendiamo il caso di Google. Google detiene YouTube, e Youtube, per vagliare le 400 ore di contenuti caricati sul proprio canale ogni minuto, possiede una tecnologia innovativa, chiamata ContentID, sulla quale ha investito moltissimo, ben 60 milioni in 8 anni.

Secondo Google, Content ID è in grado di riconoscere film, trasmissioni tv, musica e qualsiasi altro contenuto coperto da diritto d’autore, attraverso un confronto con la copia originale memorizzata nei propri server.

Ma ContentID permette ai grandi fornitori di contenuti di chiedere a YouTube di cancellare i contenuti caricati dagli utenti, anche se questi contenuti non violano il copyright.

La rimozione dei video degli utenti è sempre più spesso oggetto di critiche. Di recente, un video contro la tortura (dove non c’è traccia di violenza) caricato da una eurodeputata olandese è stato cancellato dall’algoritmo di YouTube senza apparenti motivi.

L’eurodeputata in questione si è chiesta come il video potesse violare le linee guida del Social e se potesse essere stato il mero riferimento alla parola “tortura” a far allertare l’algoritmo. YouTube non ha risposto e il problema rimane. La rimozione dei contenuti caricati dai cittadini è arbitraria. La differenza è che con questa proposta l’arbitrarietà avrà copertura legale.

 

Marco Zullo M5S Europa google censura copyright diritto d'autore

 

Ora, la domanda può essere: è giusto che YouTube rimuova i contenuti che vuole e come vuole perché è un’azienda privata e dunque nei suoi canali può fare ciò che vuole? Ma allora, estremizzando, se da domani Google (e quindi YouTube) decide di cancellare certi contenuti politici e non altri, dando così una direzione politica al canale, è da considerarsi giusto? Oppure, anche per preservare la fiducia di tutti i cittadini che navigano sul canale, YouTube dovrebbe chiarire perché cancella alcuni contenuti e non altri?

La trasparenza, anche sul web, è essenziale, e di certo la proposta di direttiva sul copyright non sembra all’altezza di rispondere a certe questioni.

Non solo, sul diritto d’autore, l’Europa appare quantomeno incoerente. Se da una parte impone in maniera generale di monitorare i contenuti uplodati, dall’altra tiene in piedi una norma vigente che proibisce l’obbligo generale di monitorare i contenuti caricati. Quindi, le aziende dovranno investire in strumenti che hanno la funzionalità di controllare i contenuti, ma avranno solo la possibilità, ma forse non l’obbligo (a seconda di come le Corti interpretino il testo della direttiva) di usarlo.

Con il nuovo Copyright con Youtube e le altre piattaforme guadagnano solo i grandi artisti

Uno degli obiettivi della Commissione Ue, con la proposta sul copyright, era quello di remunerare in maniera equa tutti gli artisti, soprattutto i più piccoli. Ma da quelle belle intenzioni siamo lontani anni luce.

Una band come gli U2 può chiedere a YouTube di rimuovere video dei loro concerti uplodati dai loro fan. Ma può anche non farlo e chiedere a Youtube di spartire i profitti della pubblicità collegata al video. In questo modo, il video caricato dal fan, viene “monetizzato” sia da Youtube che dagli U2.

Youtube è interessata a trattare con gli U2, perché se gli U2 chiedono la rimozione del video, Youtube non guadagna diversi soldi. Naturalmente, però, lo stesso discorso non vale con gli artisti in erba: se le loro visualizzazioni sono troppo basse sono bassi anche i ricavi di Youtube dalla pubblicità collegata ai loro video.

E Youtube non negozia alcuna spartizione di questi ricavi limitati per una ragione molto semplice. Se l’artista decide di rimuovere il video, la perdita economica di Youtube è molto limitata. Ma Youtube sa perfettamente che per l’artista è importante lasciare il video sul proprio canale perché si fa conoscere. Dunque, la forza negoziale di Youtube nei confronti dell’artista è enorme e Youtube non negozierà mai con l’artista. Ergo: l’artista in erba non vedrà mai un euro.

La normativa sul copyright è datata 2001, diverse ere geologiche fa nel campo del web. Va aggiornata, certo. Ma non così.

Se l’obiettivo dichiarato è quello di remunerare gli artisti, siamo lontanissimi dal raggiungerlo. Nella proposta della Commissione non c’è aiuto ai giovani artisti, a meno che non si parli di quelli che sono a contratto con una major.