Anche quest’anno a Sacile (Pordenone) si ripeterà il rituale della “Sagra dei Osei” un evento commerciale in cui la merce di scambio sono principalmente centinaia di uccellini costretti a stare per tutta la loro vita chiusi in gabbie che occupano qualche centimetro cubo di spazio.

Un rito, come dicevo, a dir poco macabro e che viene rappresentato di volta in volta ostentando quale scusa evidente la ”tradizione pluricentenaria” dell’evento. Tutto questo per procrastinare un’usanza che di fatto nasconde, ma neanche tanto velatamente, un business.

Birds for sale at Souq Waqif, Doha

Non mi soffermo nemmeno sulle modalità con le quali questi animali vengono esposti spesso al sole battente e stipati in spazi ridotti come ho potuto constatare nelle edizioni scorse, ritengo sia più utile questa volta parlare della cultura che sta dietro a questo genere di manifestazioni perché è lì che dobbiamo incidere per cambiare dal profondo le cose.

E per far questo anche la politica deve fare la sua parte. Siamo noi che dobbiamo portare per primi la cultura del rispetto dapprima nelle scuole, perché i bambini che generalmente amano gli animali possano capire che tenere in gabbia per 10 o 15 anni un uccello solo per sentirlo cantare è un atto crudele.
Spiegare loro che i canarini si chiamano così perché vengono dalle isole Canarie e che lì non stanno in gabbia ma volano liberi nel loro habitat non dovrebbe costare molta fatica.

Se è cultura portare il proprio figlio minorenne a caccia per “iniziarlo” noi dobbiamo fare contro-cultura vietando una pratica oltre che oggettivamente pericolosa anche diseducativa, e questo genere di iniziazione tribale (che è strettamente connessa a una certa considerazione più generale sugli animali che si riallaccia alla Sagra) deve trovare un contrappeso. Dobbiamo spiegare e far capire che gli animali non sono giocattoli, non sono oggetti, sono essere viventi e senzienti.

Insegnare a torturare e ad uccidere non è mai educativo.