Nei giorni scorsi ho avuto il piacere di visitare la Scuola mosaicisti di Spilimbergo, in provincia di Pordenone. Una realtà conosciuta a livello internazionale dagli addetti ai lavori, ma per la quale pare purtroppo mancare un progetto incisivo e concreto di comunicazione, che consenta di veicolare il patrimonio artistico e di know how all’esterno della ristretta cerchia dei portatori d’interesse. Ogni anno circa 35 mila persone visitano la scuola mosaicisti del Friuli, fondata nel 1922 ed erede, a suo modo, della tradizione musiva aquileiense e bizantina. Oltre 35 mila persone che arrivano a Spilimbergo essenzialmente attraverso il passaparola, considerata l’assenza di un vero e proprio piano strategico di marketing.


Proviamo a immaginare di proiettare la specificità di Spilimbergo a livello internazionale, immaginando di aumentarne esponenzialmente l’attrattività turistica, legando in maniera immediata, diretta, quasi aritmetica, Spilimbergo all’arte musiva. Come? Magari allestendo un’esposizione diffusa permanente di mosaici, sulla falsariga di quanto fatto da Belfast (o, per rimanere in Italia, dalla sarda Orgosolo e dalla calabrese Diamante) con i murales: Spilimbergo diventerebbe museo musivo a cielo aperto, i suoi edifici teche fruibili 24 ore al giorno, sette giorni a settimana. A questi, si affianchi la creazione di un vero e proprio network di imprese locali, coinvolgendo chi opera nel campo della ristorazione e chi in quello dell’accoglienza e della ricettività, con pacchetti capaci di attrarre un significativo numero di visitatori l’anno.
Questa impostazione internazionale, porterebbe evidentemente benefici diretti e indiretti non solo a Spilimbergo, ma anche ai comuni limitrofi, con ricadute occupazionali nei settori alberghiero e delle ristorazione. Spilimbergo oggi è conosciuta nel mondo, ma dobbiamo fare in modo che il mondo arrivi a Spilimbergo.