Nella Giornata mondiale contro l’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili, si ricorda e si vuole contrastare una pratica disumana, una grave violazione dei diritti umani fondamentali.
Come membro della Commissione FEMM al Parlamento europeo e come persona, mi sono sempre preso davvero a cuore le iniziative che denunciano ogni tipo di violenza contro le donne; tra queste il matrimonio infantile e la lapidazione.

La Mutilazione Genitale Femminile è un atto che deriva dalla cultura e dalle tradizioni di ben 29 Paesi e, in quelle culture, segna il passaggio dall’infanzia all’età adulta, un requisito fondamentale per poter trovare marito. 200 milioni sono le ragazze in tutto il mondo che sono state costrette a farsi sottoporre a questo tipo di violenza. Più del 20% di loro, nel momento della mutilazione, aveva meno di 14 anni.

Sono africani gli stati maggiormente afflitti dalla piaga delle mutilazioni, ma anche in Europa e in Italia sono molti i casi presenti. Secondo i dati forniti da Aidos, l’Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo, oltre 500 mila in Europa e 57 mila in Italia sono le donne vittima di questi abusi.

L’infibulazione e le mutilazioni genitali femminili sono riconosciute come reato dalla Convenzione di Istanbul, il primo vero strumento internazionale che considera la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione.

Inoltre, tali pratiche sono state individuate tra gli Obiettivi dell’Agenda per lo Sviluppo Sostenibile 2030 dell’ONU come nocive e da eliminare. Infatti, possono essere causa della morte della donna durante il parto, nonché del bambino che porta in grembo. Non solo un abuso fisico quindi, ma una pratica sessista che va a ledere in maniera permanente anche la sfera psicologica.

È necessario da parte di tutti continuare a portare avanti e sostenere attività di sensibilizzazione: non possiamo più permettere che la cultura giustifichi abusi del genere!