Molte volte mi sono occupato nell’ambito dell’agricoltura della questione glifosato. Ricordo come già nel 2015 l’Agenzia internazionale per la Ricerca sul Cancro rese pubblica la dannosità del glifosato, in quanto un pesticida tossico e probabilmente cancerogeno.
Questa sostanza rappresenta uno degli erbicidi più usati nell’Unione europea e numerosi studi dimostrano la sua presenza nelle piante, nell’acqua oltre che negli alimenti che assumiamo giorno dopo giorno.
Ciò è emerso anche dalle analisi cui ci siamo sottoposti noi parlamentari nel 2016, risultando tutti positivi, mettendo quindi in evidenza come ognuno di noi abbia nel proprio corpo traccia di questa pericolosa sostanza (Leggi qui l’articolo: bit.ly/test_glifosato).

Milioni di persone, attraverso un’Iniziativa dei Cittadini Europei (ICE), si sono mobilitate per chiedere alla Commissione europea l’eliminazione dei pesticidi contenenti tale sostanza. Non sono stati sostenuti però dall’Agenzia per la Sicurezza Alimentare Europea (Efsa), la quale negò anche ai cittadini la possibilità di visionare gli studi della Monsanto in base ai quali la stessa Efsa aveva espresso la propria posizione.

In tal modo, si preferì difendere la “salute” delle multinazionali piuttosto che quella dei cittadini stessi. L’Efsa giustificò questa sua poca limpidità, in quanto avrebbe potuto ledere gli interessi commerciali e finanziari delle imprese interessate.

In queste settimane, il Tribunale dell’Unione europea ha finalmente dato ragione ai cittadini. La sentenza stabilisce il diritto delle persone di avere libero accesso alle ricerche sulla nocività del glifosato, così da far prevalere l’interesse per la salute e il benessere delle persone e dell’intero ecosistema sui meri interessi delle multinazionali.
Così facendo, il pubblico potrà avere accesso non solo alle informazioni relative alla pericolosità del pesticida ma anche a quelle relative alle conseguenze a lungo termine sullo stato dell’ambiente, come ad esempio gli effetti sugli organismi non bersaglio.

È fondamentale battersi per sostenere un’agricoltura senza veleni, perché i danni che provochiamo oggi, ci si ripresenteranno contro in futuro.