Diego Piacentini è stato nominato da Renzi commissario straordinario per l’Agenda Digitale. Ha 56 anni e da 16 anni è vicepresidente di Amazon, gigante americano del commercio online. Badate bene, Piacentini non “era”, ma “è” il numero due di Amazon, perché non ha risolto nessun contratto, ma si è solo messo in aspettativa per prendere in mano l’incarico pubblico a Palazzo Chigi.

Un conflitto di interessi palese

Davvero l’uomo al quale è affidata l’intera strategia digitale del Governo fa ancora parte di uno dei giganti mondiali del digitale?

Il conflitto di interessi è palese e sono palesi anche le balle di Renzi che di recente ha affermato che un uomo come Piacentini lavorerà per il Governo con un incarico a titolo gratuito. Ma la legge Frattini sui conflitti di interesse avrebbe comunque creato non pochi problemi a Piacentini. Ma il Bomba Renzi ha trovato una soluzione che inverosimile è dir poco: far riferimento ad un atto un tantino datato, il Decreto Regio del 18 novembre del 1923! Aiutatemi a ricordare, chi comandava l’Italia in quegli anni?

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Se le azioni di Amazon salgono, Piacentini fa soldi a palate

La questione non è di poco conto. Piacentini da Amazon percepisce 175 mila euro di stipendio base ogni anno, ma il vero guadagno lo trae dalle stock option, cioè dal diritto ad acquistare azioni della società a un prezzo prestabilito. Il 15 agosto, due giorni prima di aver lasciato l’incarico nella società di Jeff Bezos, Piacentini ha esercitato stock options su 5.477 azioni: le ha acquistate al prezzo di 10 centesimi di dollaro l’una e poi le ha rivendute a 770 dollari l’una, incassando circa 4,2 milioni a fronte di 547 dollari spesi. Un bell’affarone.

Nel 2015 e nel 2016, il commissario straordinario di Renzi ha ripetuto la stessa operazione ogni tre mesi. Fate un po’ voi il calcolo di queste plusvalenze milionarie!

Chi ne capisce di finanza ricorda che le stock option diventano esercitabili trascorso un periodo di tempo dall’assegnazione. E’ quindi verosimile che nei prossimi mesi il super manager possa esercitarne altre. Non parliamo poi del volume di azioni in mano a Piacentini, che detiene circa 84 mila azioni di Amazon, che ad oggi valgono 62,4 milioni di dollari e che lo rendono il secondo azionista di Amazon dopo il suo fondatore Jeff Bezos.

Dunque, anche oggi che Piacentini lavora a Palazzo Chigi e non più – ufficialmente – per Amazon, se le azioni di Amazon salgono, Piacentini in quanto azionista potrebbe beneficiarne. E non poco. La questione Piacentini è di tale e tanta importanza per il Governo che la scorsa settimana a difenderlo è stato addirittura il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti, che ha ricordato come Piacentini non svolgerà alcuna attività per Amazon per due anni e da Amazon non riceverà compenso né azioni. Bene, peccato che l’amico di Renzi tornerà in possesso di tutte queste prerogative alla scadenza dei 24 mesi di incarico, compresi stipendi e stock option di cui sopra.

Addio Web Tax e soldi per i cittadini?

È quindi ovvio che Piacentini nella sua posizione privilegiata all’interno del Governo conoscerà in anticipo tutte le scelte dei Renzi boys, comprese le informazioni da “insider” che riguardano anche i concorrenti di Amazon e che giungono all’orecchio di Palazzo Chigi, senza tralasciare le strategie fiscali che il Governo sta concordando in Europa.

Ma con Piacentini al timone del Digitale come pensare che si possa davvero metter mano alla Web Tax, che porterebbe milioni nelle casse dello Stato, ma penalizzerebbe i giganti del digitale? La legge era stata approvata dal Governo Letta, ma subito mandata nel dimenticatoio da Renzi. Scommettiamo che non ne sentiremo parlare ancora per un po’?