Il commissario Oettinger poco tempo fa ha annunciato tagli per 10 miliardi al bilancio per l’agricoltura, mettendo in grave difficoltà Paesi come l’Italia. Pur comprendendo la necessità di rivedere le dotazioni sono convinto che la soluzione migliore non siano i tagli, ma i risparmi: non sforbiciate lineari qui e là, ma un’analisi attenta di come vengono utilizzati i fondi per comprendere quali siano le spese inutili e come invece migliorare l’efficienza di quelle indispensabili. Se l’intenzione della Commissione è quella di andare verso una convergenza dell’ammontare dei pagamenti diretti negli Stati membri, questa impostazione non può assolutamente trovarmi d’accordo. Di fatto il tessuto sociale ed economico europeo è ancora molto differente, come è evidente. Un’equiparazione completa sarebbe del tutto iniqua, finendo col penalizzare ingiustamente gli agricoltori in quei Paesi in cui il costo della vita è sensibilmente più alto. Credo sia indispensabile conservare un legame tra la consistenza dei pagamenti e gli indicatori come il reddito medio pro capite. I pagamenti poi dovrebbero andare incontro anche alle realtà aziendali di dimensioni più ridotte che hanno più difficoltà sul mercato. I dati ci dicono che tra il 2005 e il 2015 il numero delle aziende agricole è diminuito di circa 3,8 milioni e la dimensione delle aziende è invece aumentata del 36%: andiamo cioè verso una sempre più alta concentrazione della proprietà e della produzione e una pericolosa “industrializzazione” dell’agricoltura. I pagamenti dovrebbero perciò essere modulati in modo da favorire quelle aziende che generano maggiore occupazione in proporzione all’estensione, decrescendo con l’aumentare della dimensione per disincentivare le speculazioni che attualmente soffocano il mercato fondiario. Inoltre mi dispiace molto che alle politiche alimentari siano dedicate poche righe. Mi auguro che il Parlamento europeo riesca a colmare questa lacuna con una chiara presa di posizione a favore di misure che promuovano la produzione e il consumo di cibi sani e di qualità. Un ultimo cenno infine ad uno degli obiettivi enunciati nella comunicazione sul quale credo sarà opportuno sviluppare dei ragionamenti: collegare il mondo rurale all’economia digitale. Troppo spesso infatti nell’immaginario comune il settore agricolo rischia di apparire come obsoleto o ancorato al passato. Dobbiamo invece cogliere tutte le opportunità per dimostrare che così non deve essere e che anzi, le nuove tecnologie e metodologie -nel rispetto dei principi di tutela di salute e sicurezza- possono portare grandi benefici al settore, renderlo più efficiente sia nella fase della produzione che in quella della commercializzazione e attrarre le nuove generazioni.