In Commissione Agricoltura abbiamo incontrato degli “esperti” nel campo dell’agricoltura, i quali ci hanno raccontato la solita bella storiella: ci hanno presentato la cosiddetta agricoltura conservativa, una tipologia di agricoltura che utilizza diverse tecniche agricole tendenti a conservare, apparentemente, la fertilità del suolo coltivato. Ma attenzione a non farvi imbrogliare: nonostante il termine sembri positivo e sembri supportare un’agricoltura attenta e rispettosa dell’ambiente, richiamando concetti simili a quelli dell’agricoltura sinergica come ad esempio la “pacciamatura biologica” (la pacciamatura consiste nel coprire superficialmente il terreno con materiali biologici collocati tra le piante), nasconde alcune inquietanti problematiche.

Infatti, ironia della sorte, nell’agricoltura conservativa il terreno da pacciamare viene “ripulito” dalle erbacce attraverso un massiccio uso di pesticidi vari e di glifosato. Sì, avete ben capito, il glifosato tra le presunte tecniche per conservare la fertilità del terreno.

Noi di questi lavaggi del cervello non ne possiamo più, siamo stufi di queste strategie di greenwashing che vogliono venderci il glifosato e i pesticidi come una cosa buona e sostenibile.
Un approccio sostenibile all’agricoltura non può inquinare l’ambiente.

Sentiamo troppo spesso parlare di un’agricoltura più sostenibile, di un’agricoltura più sana, di un’agricoltura più rispettosa dell’ambiente, per poi non essere mai abbastanza. Io mi voglio spingere un po’ oltre: è ora di avere il coraggio di togliere quel “più”. Noi abbiamo bisogno oggi, subito, di un’agricoltura SOSTENIBILE e basta, che preservi l’ambiente, senza se e senza ma, e soprattutto senza pesticidi!