Un biologico senza se e senza ma, senza aziende miste, né Ogm. Un biologico con controlli regolari sul campo che tutelino il prodotto e dunque il consumatore. Un biologico con regole chiare e stringenti, ma che non stritolino gli agricoltori, ai quali deve essere garantito un ritorno economico più che dignitoso. Sono queste le linee guida alle quali abbiamo tenuto fede nei 22 emendamenti che potete trovare qui word_downloadproposti dal Movimento 5 Stelle al nuovo regolamento sul biologico.

Per noi il biologico deve essere visto come un sistema sostenibile nel suo complesso, deve contribuire a tutelare l’ambiente, il clima e gli esseri viventi. La qualità dei prodotti biologici va assicurata durante ogni fase di produzione, trasformazione e distribuzione. E negli emendamenti lo scriviamo a chiare lettere.

Nel Movimento riteniamo che, superata una fase di transizione, nel biologico non debbano esistere aziende miste, che alla produzione bio affiancano quella convenzionale. Il biologico deve essere la stella polare della nostra agricoltura, il modello al quale dobbiamo tendere per assicurarci un futuro più sano e in armonia con l’ambiente. Aziende a produzione ibrida non rientrano nella visione del futuro che vogliamo, ma sappiamo che un periodo di transizione per arrivare ad avere aziende completamente bio è necessario. Pensiamo che 10 anni possa essere un periodo sufficiente.

 

biologico

 

Durante il periodo transitorio, come specifichiamo nell’emendamento 7, l’azienda dovrà essere suddivisa in unità di produzione ben distinte, anche e soprattutto geograficamente. Tradotto: il convenzionale chiaramente da una parte, il biologico chiaramente dall’altra. Ma non solo. Per il M5S, le produzioni che avvengono secondo le norme del presente regolamento devono avere ad oggetto specie diverse, ma soprattutto, devono risultare facilmente distinguibili da quelle che sono oggetto di produzioni secondo metodi diversi.

Anche in questi emendamenti abbiamo ribadito il nostro no secco agli organismi geneticamente modificati. Nell’emendamento 9 esprimiamo in maniera netta il divieto a qualunque riferimento o utilizzo del termine “biologico” o “bio” su alimenti nelle cui fasi di di produzione sia intervenuto l’apporto di materiale geneticamente modificato.

Siamo poi contrari al dire che “se gli alimenti o i mangimi acquistati non sono etichettati”, come sostiene l’esecutivo comunitario, “gli operatori possono presupporre che nella produzione degli stessi non si è fatto uso di Ogm o di prodotti derivati o ottenuti da Ogm”. Chi vuole produrre biologico non deve essere gravato di oneri, ma ha una responsabiltà, quella di vendere prodotti di qualità, non contaminati da organismi transgenici e deve rifornirsi da fornitori sicuri.

Come M5S pensiamo che sia giusto dare agli agricoltori la possibilità di potersi auto rifornire velocemente di sementi, qualora si seguano i dettami del bio. Per questo, nell’emendamento 11 sosteniamo che le sementi ottenute da un processo biologico possano essere riutilizzate subito dalla stessa azienda, anche se non registrate.

Pensiamo che il biologico debba essere armonizzato a livello comunitario (emendamento 12) ma occorre “tener conto delle diversità a livello di specie e sub-specie che derivano dalle differenze di clima, suolo, altitudine e altri fattori che caratterizzano ciascuna regione geografica” (emendamento 18).

Per il Movimento, il biologico deve garantire un reddito più che dignitoso all’agricoltore che lo porta avanti con passione e sacrificio. In questa direzione va l’emendamento 15, perché gli oneri burocratici non devono risultare “eccessivamente onerosi per gli operatori”. Ma anche l’emendamento 13 mira a tutelare i produttori: “Gli Stati membri devono concedere agli agricoltori pagamenti nazionali per risarcirli delle perdite subite (in toto, non indennizzarli in misura forfettaria come vuole la Commissione) a causa della contaminazione dei loro prodotti agricoli con prodotti o sostanze non autorizzati che impedisce loro di commercializzare i prodotti come prodotti biologici”.

La burocrazia non deve essere asfissiante, ma i controlli vanno fatti regolarmente. Sul campo, almeno una volta l’anno. E non ogni 30 mesi come proposto dagli Stati nel recente accordo raggiunto in Consiglio Ue .

Produttori e consumatori devono disporre di un quadro normativo chiaro. Per questo è necessario che la Commissione tenga una lista aggiornata in cui vengano indicate le differenze tra le norme di produzione e le misure di controllo in vigore nell’Unione europea e quelle applicate in tali paesi terzi.