Leggo dallo studio di Confcommercio i trend relativi alla distribuzione al dettaglio di Trieste, Gorizia e Udine, e purtroppo non ci dice nulla di nuovo. A Trieste in particolare ci sono più negozi che chiudono di quelli che aprono, infatti le cancellazioni dal registro delle imprese sono più del doppio rispetto alle iscrizioni di nuove attività.

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Questa è una realtà generalizzata nella quale la crisi è ben lontana dall’essere superata nonostante il tanto sbandierato + 0,1 % stimato di aumento del PIL dichiarato dal governo, cioè il nulla. A fronte di un’erosione di attività pari al 18% nei rioni triestini e del 9% in centro, un incremento del Pil dello 0,1% è una presa in giro bella e buona.

Tanto di più da una regione come il Friuli Venezia Giulia che mantiene una propria specialità e che ha la possibilità di fare delle scelte in quest’ambito. La realtà è che quello che emerge dallo studio Confcommercio è anche frutto di una mancata visione politica del futuro e delle scelte che tutelino le PMI e i cittadini.

Quali scelte sono state fatte in questi anni dalla Regione? Largo spazio ai centri commerciali, alla Grande Distribuzione Organizzata, con conseguente spopolamento per quanto riguarda i negozi rionali di prossimità (utili per gli anziani che hanno minore mobilità) e nei centri storici.

Non serve che vi dica io che Tondo e Serracchiani hanno delle grosse responsabilità in tutto ciò, per non avere sostenuto queste categorie economiche deboli e ancor di più indebolite da affitti sempre più esosi e da una tassazione che strangola l’imprenditorialità.

Si parla dei Pisus, i fondi europei per lo sviluppo urbano, come se fossero una parola magica in grado di risolvere tutto. È vero che l’Europa dà una mano ai commercianti attraverso questi fondi ma non servono a nulla se non vengono accompagnati da politiche di settore serie e lungimiranti.