Il disegno di legge varato dalla giunta regionale Serracchiani, che dà il via libera alle concessioni demaniali delle aree marittime per la durata di 40 anni, rientra nella materia delle liberalizzazioni: un tema pieno di insidie e di errori nazionali commessi nel passato e che si riverberano nel presente.

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Questo è un terreno che indubbiamente apre le porte a diverse insidie legate alla direttiva europea Bolkestein. Infatti, questa, se da un lato si basa sul principio della liberalizzazione del mercato dei servizi in Europa per garantire la concorrenza, dall’altro il governo italiano di quegli anni (2005-2006) l’ha recepita in modo disastroso, creando di fatto un terreno fertile per le multinazionali e schiacciando ogni tutela della piccola imprenditoria locale.

Dare l’opportunità di gestire le aree marittime, di per sé già economicamente appetibili, per ben 40 anni, stabilendo anche gli importi dei canoni di locazione, sono elementi che aprono delle porte a svariati interessi. Soprattutto in Italia, dove i governi che si sono succeduti non hanno saputo tutelare gli interessi nazionali attraverso le deroghe applicate in Stati come Germania, Francia e Olanda. In Italia, infatti, si è manifestata la più totale incapacità di tutelare le specificità di alcuni settori tradizionali del mercato italiano, per i quali si sarebbero invece dovute prevedere norme che favorissero la concorrenza senza però distruggere il patrimonio di esperienza locale sviluppato nel tempo.

Così, a farne le spese sono gli amministratori di oggi: da un lato abbiamo l’Europa che non ha alcuna intenzione di rivedere la direttiva, dall’altro ci sono categorie di piccoli e medi imprenditori che temono di veder travolta non solo la propria attività commerciale, ma un intero tessuto economico che si basa su questa tipologia di attività.

Nell’impossibilità di inserire deroghe ed eccezioni, a questo punto bisogna trovare un giusto compromesso per non danneggiare nessuno. Ritengo che sia importante e necessario individuare delle norme nazionali che rispettino i paletti fissati dalla direttiva, ma prevedano al tempo stesso dettami specifici in accordo con gli operatori del settore. Un impegno da tradursi in particolare a livello locale, dove le amministrazioni pubbliche meglio conoscono le esigenze del territorio e dei cittadini. La Commissione Europea si è detta in più occasioni disponibile a verificare la possibilità di accettare delle leggi che recepiscano i principi fondamentali ma che siano poi articolate nel dettaglio tenendo conto delle necessità specifiche.

Penso che la soluzione sia da una parte quella di stringere la mano tesa da Bruxelles per riuscire a recuperare il più possibile di ciò che è stato perso nel passato, dall’altra quella di recuperare la credibilità ormai persa per potersi sedere al tavolo delle trattative dettando una linea plausibile a tutela delle micro e piccole imprese che possono ridare slancio ad una economia rivolta al futuro.