Mercoledì 13 giugno, un giorno importante per l’Unione Europea che ha festeggiato il primo anno dalla firma della “Convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica”, o più semplicemente detta “Convenzione di Istanbul”. Questo documento costituisce il primo vero strumento internazionale che considera la violenza sulle donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione. convenzione di istanbul contro la violenza sulle donne La mia partecipazione alla Commissione FEMM, che si occupa proprio della tutela della donna e dell’uguaglianza di genere, mi fa sentire particolarmente vicino alla tematica. Per questo motivo, ci tengo a raccontarvi più nel dettaglio di cosa tratta questa importante Convenzione. Introduce, innanzitutto, nuove tipologie di reato come le mutilazioni genitali femminili, il matrimonio forzato e lo stalking, che vanno inserite negli ordinamenti giuridici di ciascuno dei Paesi firmatari. Questi ultimi verranno anche ritenuti responsabili se non sapranno garantire adeguate misure a prevenzione della violenza. Gli obblighi che la Convenzione impone si possono riassumere nelle tre P: prevenzione, protezione e persecuzione degli autori. Attraverso la sensibilizzazione dell’opinione pubblica e l’educazione fin dal periodo scolastico all’uguaglianza di genere, si vuole prevenire tutti gli atteggiamenti che possono sfociare in azioni e atteggiamenti violenti nei confronti delle donne. La seconda azione che gli Stati sono chiamati a mettere in atto è quella della protezione. In particolare si fa riferimento all’adozione di misure per andare incontro ai bisogni e alla sicurezza delle vittime, garantendo un sostegno medico e psicologico, nonché centri di accoglienza e linee telefoniche destinate all’assistenza. La persecuzione degli autori di violenza è il punto finale del documento. Prevede che sia applicata la giusta pena nei confronti dei responsabili di questi terribili atti con una risposta immediata da parte delle forze dell’ordine. Allo stesso tempo, è necessario provvedere a proteggere le vittime degli abusi nel corso delle indagini. Si impone, inoltre, di accertarsi ed eventualmente impedire che motivi culturali o religiosi possano essere giustificazione di violenza. Così facendo, la Convenzione invia un messaggio molto chiaro per indicare che la violenza contro le donne e la violenza domestica non devono essere considerate un fatto privato. Al contrario, per sottolineare l’effetto particolarmente traumatico dei reati commessi in ambito familiare, la condanna può essere più severa verso l’autore di atti di violenza contro la moglie, la compagna o un membro della famiglia.