I produttori agricoli devono essere al centro della politica europea. Le parole d’ordine sono qualità e informazione dei prodotti. I consumatori devono sapere cosa stanno mangiando. I piccoli produttori vanno tutelati e la sovranità alimentare difesa, altrimenti sopravviveranno solo le grandi catene di distribuzione.

Mi trovo a Bruxelles, davanti alla sede del Parlamento Europeo, dove agricoltori e produttori venuti da tutta Europa hanno protestato perché non riescono nemmeno a coprire i costi di produzione. Con la fine del regime delle Quote Latte, lo scorso 31 marzo, questa situazione rischia di aggravarsi, perché i prezzi del latte crolleranno.

Se non vogliamo che il crollo dei prezzi dovuto alla fine del regime delle Quote Latte estrometta definitivamente dal mercato i piccoli agricoltori e i piccoli produttori, le amministrazioni locali, Regioni in testa, devono favorire e monitorare processi di aggregazione per competere sul mercato europeo e per sfruttare gli strumenti economici contenuti nel Pacchetto Latte, varato dall’Ue nel 2012.

Durante i 30 anni in cui sono state in vigore le quote latte, in Italia è stato fatto ben poco per proteggere i piccoli produttori. Le filiere locali non sono state organizzate a dovere e le amministrazioni locali invece di promuoverle e stimolarle sono rimaste a guardare. E non parliamo del Governo, che ha voltato le spalle di fronte alle difficoltà di accesso al credito dei piccoli agricoltori e che in Europa non ha fatto nulla per costruire un mercato unico reale, dove gli Stati collaborano, invece di farsi la guerra al ribasso come accade oggi.

Le quote latte sono state introdotte nel 1984 con lo scopo di calmierare la produzione e mantenere il prezzo stabile. Ogni stalla può produrre un tot di latte, chi ne produce di più viene sanzionato. Ma questo sistema non ha funzionato. Il settore è in crisi perché il latte prodotto in Italia non è concorrenziale con quello importato dai Paesi dell’est ad un prezzo molto più basso. Una soluzione potrebbe essere quella di indicare nell’etichetta di formaggi e latticini l’origine e la qualità della materia prima. In questo modo, il consumatore potrà scegliere cosa comprare in maniera più consapevole, orientando di conseguenza la filiera.

Durante la manifestazione degli agricoltori a Bruxelles, ho avuto l’occasione di incontrare molti piccoli produttori italiani di latte che fanno questo lavoro da una vita e che non riescono a pagare le spese, perché i costi di produzione sono troppo alti, a fronte di un prezzo al litro che è crollato a 36 centesimi. Quasi 10 mila stalle hanno chiuso i battenti dall’inizio della crisi, i posti di lavoro persi sono stati 32 mila. Nonostante questo, la nostra classe politica continua a far finta di nulla. L’Irlanda nell’ultimo anno ha incrementato il volume di produzione di latte di un quinto, la Germania e la Francia del 12%. Questi Paesi hanno migliorato il sistema, promuovendo aggregazioni di produttori e filiere più corte, dove a guadagnare non sono solo i commercianti che vendono il prodotto finito, ma gli allevatori che lo producono. Il fatto che in Italia l’incremento di volume è stato solo dell’1,5% fa capire più di mille parole cosa non è stato fatto sinora.