Alla fine è arrivata, la tanto attesa proposta della Commissione Europea sulla riforma delle telecomunicazioni che interessa da vicino tutti noi, da chi utilizza Internet per svago a chi, come le imprese, lo fa per lavoro. Ma i problemi non mancano. I cittadini dovranno attendere prima di avere 5G e applicazioni sempre più veloci per colpa degli sprechi dell’Ue. Mentre le imprese più piccole rischiano di soccombere per la concorrenza sleale delle corporation.

Perché la riforma era tanto attesa?

Intanto perché il diritto europeo delle telecomunicazioni è fermo al 2009, anno dell’ultima revisione, in pratica, un’era geologica fa per un campo che si è evoluto in maniera rapidissima. Pensiamo all’utilizzo sempre più massiccio di Skype e WhatsApp da parte di ogni comune cittadino, che utilizza questi servizi per chiamare e mandare messaggi, mentre fino a ieri per usufruire delle stesse funzioni occorreva passare per forza attraverso compagnie telefoniche. Tanto per capirci, WhatsApp ha più di un miliardo di utenti nel mondo, WeChat 800 milioni, Skype 300 milioni, senza contare chi usa Snapchat, Twitter, Instagram e Facebook per inviare messaggi. Oggi solo il 2% degli adolescenti usa la rete fissa per effettuare chiamate, come potete leggere in questo articolo del Daily Mail. Domani, questo dato riguarderà gli under 40.

Marco Zullo M5S Europa telecom internet 5G

Perchè il 5G arriverà in ritardo

L’obiettivo dichiarato è raggiungere in ogni casa, entro il 2025, la velocità dati di 100 megabit al secondo. Oggi moltissimi utenti hanno connessioni di 30 megabite al secondo. Abbastanza per scaricare film o vederli in streaming, ma ancora poco per garantire un’autentica svolta digitale che permetta, ad esempio, l’assistenza sanitaria a distanza o lo sviluppo del cosiddetto Internet delle Cose, che riguarda anche auto connesse alla rete che si guidano da sole. Senza contare che entro il 2020 il traffico Internet mobile aumenterà di 8 volte rispetto a quello attuale.

La banda larga e il 5G sono obiettivi noti da tempo, peccato che di recente il commissario Ue Gunther Oettinger abbia dichiarato che l’Europa ha bisogno di 700 miliardi in infrastrutture digitali per colmare il gap con Usa e Cina. Un sacco di soldi che l’Ue non sa dove andare a pescare. Peccato per i miliardi buttati altrove, per esempio nell’Efsi, il famigerato Piano Juncker, in cui l’Italia ha inserito i progetti degli amici degli amici di chi, si fa per dire, governa il Paese. Peccato perché le nostre imprese avrebbero bisogno come il pane di un’Europa al passo col resto del mondo per competere sui mercati internazionali.