Ridurre lo spreco alimentare
migliorare la sicurezza alimentare
La settimana scorsa sono intervenuto in Commissione AGRI in merito al problema degli sprechi alimentari.
Questi si manifestano principalmente in due fasi conseguenti: la prima è quella produttiva, cioè nella filiera alimentare, la seconda invece in quella del mancato consumo, la più evidente agli occhi dei cittadini. Entrambe però hanno un peso enorme e se fossero corrette potrebbe risolvere buona parte dei problemi alimentari del mondo. Ma a questo oggettivo malfunzionamento del sistema produttivo e di quello distributivo se ne aggiunge uno etico: infatti per alimentare impianti di produzione energetica spesso si utilizza “carburante” vegetale che in realtà è cibo.
A completare il quadro, se vi fosse un sistema di etichettatura che consentisse ai consumatori di comprendere l’origine dei prodotti e le loro effettive trasformazioni presumibilmente un acquisto consapevole aiuterebbe i cittadini ad orientarsi nei propri acquisti premiando le aziende che producono alimenti sulla base di principi sani sia dal punto di vista chimico e biologico che dal punto di vista etico, E oggi forse ci sarebbe sul mercato qualche azienda di meno che produce in modo spregiudicato.
Di seguito la traccia del mio intervento:
Ogni anno circa un terzo dei prodotti alimentari viene persa o sprecata lungo la filiera. Una quantità pari a tutta la produzione dell’Africa subsahariana. Una cifra che aumenta se pensiamo alla quantità di calorie: il 24%.
Secondo i dati diffusi dalla FAO, 510 milioni di calorie si perdono durante la fase di produzione vera e propria (il 32%) e 355 milioni nelle fasi immediatamente successive: ciò significa che più della metà di queste risorse sono sprecate ben prima di entrare nella filiera distributiva.
La situazione è ancora più grave se si considerano anche le risorse impiegate per la produzione del cibo che non viene più consumato: la terra, l’acqua, i fertilizzanti, senza contare le emissioni di gas serra. In sostanza l’ambiente è stato quindi inquinato, sfruttato o alterato invano.
Il cibo si spreca per mancanza di infrastrutture, strumenti per la conservazione e trasporto adeguati. Ma si spreca anche mettendo in competizione la produzione di biocarburanti, di biogas e di grandi quantità di mangime per animali con gli alimenti per l’uomo: competizione che in alcuni casi è fortemente sbilanciata verso gli interessi degli speculatori e dell’agribusiness.
Dal punto di vista della produzione, è sicuramente necessario puntare a innovazioni tecnologiche nella produzione agricola: migliorare le prestazioni nei campi e convertire in trasformati i prodotti che non rispondono agli standard di mercato, ad esempio. Ma anche passare dal sistema attuale, basato in larga parte sull’agricoltura industriale, a un sistema fondato invece sull’agricoltura familiare, di piccola scala e sostenibile, che restituisca il valore al cibo producendo solo la quantità necessaria, attento ai bisogni dei consumatori e dell’ambiente.
In questo senso si inserisce anche la problematica dell’etichettatura e di una adeguata informazione al consumatore: dati sull’origine degli ingredienti, sulle tecniche di produzione e trasformazione, permettono al consumatore di effettuare acquisti più consapevoli, influenzando così indirettamente anche i fattori della produzione, con positive ricadute in termini ambientali, economici e sociali.
Come riportato nella relazione, bisogna lavorare per fare meglio combaciare la domanda con l’offerta. Ma dev’essere un meccanismo che funziona in entrambi i sensi, con una offerta più attenta ma anche una domanda più responsabile.