La lapidazione è una delle più atroci violazioni delle norme internazionali sui diritti umani. Una pratica aberrante e troppo spesso ignorata di cui il Parlamento Europeo é tornato a parlare questa settimana, grazie all’evento “Stop Stoning”, che ho organizzato in collaborazione con i portavoce europei del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao, Daniela Aiuto e Fabio Massimo Castaldo.

Credo che come parlamentari europei la nostra funzione sia anche quella di fungere da cassa di risonanza di quei disagi e di quelle problematiche profonde che permeano la nostra società. E lo scopo dell’iniziativa é stato soprattutto quello di ascoltare. Ascoltare i responsabili europei della campagna contro la lapidazione Taher Djafarizad (presidente dell’associazione Neda Day) Mina Ahadi, Baharak Dervishi (Neda Day)e l’attrice di origine iraniana Fatemeh Mohammadi Gheshlaghchaei.

Nel dibattito, i responsabili europei della campagna contro la lapidazione, Taher Djafarizad e Mina Ahadi, hanno chiesto all’Ue il taglio dei finanziamenti e l’embargo ai prodotti dei Paesi che praticano la lapidazione. L’Iran, uno dei Paesi con il maggior numero delle condanne a morte per lapidazione, solo nel 2013 ha beneficiato di 90 milioni di aiuti europei allo sviluppo.

A seguito dell’evento, il Movimento 5 Stelle in Europa ha lanciato l’idea di una risoluzione parlamentare per dare un forte segnale di contrarietà dell’Ue alla pena di morte per lapidazione.

stop stoning

La lapidazione è una pena di origini antiche, ma anche una pena nuova, reintrodotta negli ultimi anni dai governi poco interessati a proteggere i diritti dei propri cittadini. Sembra incredibile, ma ancora oggi, c’è chi viene ucciso a sassate in Paesi come Iran, Sudan, Pakistan, Afghanistan, Nigeria, Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Yemen.

In molti di questi Paesi non esiste un vero e proprio codice penale, né un sistema giudiziario regolamentato. Gli imputati non hanno diritto ad un avvocato e i processi sono segreti e si basano esclusivamente sulla confessione, spesso estorta sotto tortura. In genere, gli imputati non vengono informati della condanna e non vi è possibilità di appello.

Questa forma di esecuzione ha come obiettivo quello di prolungare la sofferenza delle vittime. Le pietre devono essere grandi abbastanza da causare ferite e morte lenta, ma non così grandi da uccidere la vittima immediatamente.

stop stoning marco zullo

La lapidazione vìola l’articolo 6 sul diritto alla vita e l’articolo 7 sulla proibizione di tortura e di pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti, della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici, il trattato delle Nazioni Unite nato dall’esperienza della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, adottato nel 1966 ed entrato in vigore il 23 marzo del 1976. Un trattato che tutte le nazioni firmatarie sono tenute a rispettare.

Il Relatore speciale sulla tortura delle Nazioni Unite, il Comitato sui diritti umani, il Comitato contro la tortura e la Commissione sui diritti umani hanno ribadito che la lapidazione è in aperto contrasto con il divieto di tortura.

Senza dimenticare che le norme internazionali sui diritti umani stabiliscono che una sentenza capitale debba essere imposta soltanto dopo procedimenti che abbiano pienamente rispettato gli standard internazionali sul giusto processo. Questo vuol dire tutela del diritto a un’assistenza legale adeguata a tutti gli stadi del procedimento giudiziario, del diritto a non essere costretti a testimoniare contro se stessi o a dichiararsi colpevoli e del diritto a essere interrogati, così come la disposizione di norme che consentano di appellarsi fino all’organo giudiziario più alto.

Più volte, associazioni per la difesa dei diritti umani, come Amnesty International, hanno denunciato l’uso sistematico della tortura e di altri maltrattamenti per estorcere le confessioni, il mancato accesso agli avvocati durante gli interrogatori, nella fase di detenzione preprocessuale e le disposizioni che consentono al giudice di utilizzare la sua conoscenza soggettiva del caso come unica base per emettere una condanna.

Spesso, a subire la condanna a morte per lapidazione, sono i soggetti più deboli della società, le persone indigenti o appartenenti a comunità emarginate, ma anche e soprattutto le donne, uccise a sassate perché ritenute colpevoli di adulterio o persino perché denunciano uno stupro subìto.

stop stoning marco zullo

Troppo spesso le donne non sono trattate come gli uomini davanti alla legge, in aperta violazione degli articoli 2, 3, 14 e 26 della Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici.

Durante il procedimento giudiziario, per alcuni reati, incluso l’adulterio, la testimonianza di un uomo ha più valore di quella di due donne e la testimonianza di una donna da sola non è accettata. In Paesi dove il livello di alfabetizzazione delle donne è più basso di quello degli uomini, le donne rischiano in modo maggiore di essere sottoposte a processi iniqui, poiché è probabile che firmino false confessioni che non sono in grado di comprendere. Inoltre, le donne sono generalmente più povere degli uomini, perché le loro opportunità lavorative sono molto ridotte. Questo significa che, senza sostegno economico, hanno meno possibilità di trovare un’adeguata assistenza legale.

Ancora più crudele il fatto che le donne subiscano una lapidazione più dura rispetto a quella degli uomini. Gli uomini devono essere sepolti fino alla vita, le donne fino al torace. Un fatto significativo, perché se una persona condannata alla lapidazione riesce a liberarsi e uscire dalla fossa non può essere lapidata una seconda volta se la condanna è stata basata su una confessione. Questo vuol dire che gli uomini hanno la possibilità di fuggire durante la lapidazione, le donne no.