L’Expo 2015 è nato male, malissimo. Lo sappiamo. Sullo scandalo corruzione e sui ritardi è stato scritto molto. Tanto da far sperare che qualcuno aprisse gli occhi e, a quel punto, salvasse il salvabile, promuovendo una delle poche cose che non ci hanno ancora tolto: una varietà e un’eccellenza alimentare da fare invidia al mondo.

Invece cosa scopri? Che McDonald’s e Coca-Cola sono sponsor ufficiali di Expo 2015. A primo acchito, con la portavoce europea M5S Eleonora Evi, che a Bruxelles si occupa di sicurezza alimentare, abbiamo pensato che l’Expo si fosse inchinato alle multinazionali, che un’esposizione che dovrebbe essere in grado di lanciare il Made in Italy alimentare si troverà a sostenere dei cibi da fast-food.

 

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Poi ci abbiamo riflettuto bene e ci siamo ricordati che i due marchi rappresentano più di ogni altro la tradizione culinaria italiana, le nostre radici, le nostre tipicità, un’alimentazione corretta e sostenibile. E’ per merito loro se i nostri ristoranti sono colmi di turisti stranieri in cerca di un’esperienza gastronomica da ricordare. Quindi è giusto che siano loro le bandiere dell’esposizione universale ospitata a Milano.

Stiamo scherzando. Come di sicuro avrà scherzato il ministro alle Politiche Agricole Maurizio Martina quando ha sostenuto l’idea del padiglione McDonald’s all’interno dell’Expo. O come avranno scherzato gli organizzatori, quando per giustificare la presenza della Coca Cola come sponsor ha usato le seguenti parole. La multinazionale “si impegna sul fronte dell’innovazione e della crescita sostenibile, nella tutela delle risorse utilizzate, in grado di generare ricchezza per le comunità e soprattutto di incoraggiare consumi e stili di vita equilibrati”.

Cosa volete che sia, di fronte a queste ragioni, il fatto che una lattina di Coca Cola contenga dalle 7 alle 9 bustine di zucchero con ripercussioni ormai note sul nostro stile di vita?

Secondo l’organizzazione, Expo Milano 2015 “coglie l’urgenza di descrivere e confrontarsi sulla storia dell’Uomo e sulla produzione di cibo, nella sua doppia accezione di valorizzazione delle tradizioni culturali e di ricerca di nuove applicazioni tecnologiche”. Direi che ci sta riuscendo benissimo, no?