Nelle discussioni sugli OGM è rimasta un po’ in ombra la valutazione della convenienza economica per gli agricoltori dell’utilizzo o meno delle sementi geneticamente modificate.

Uno dei cavalli di battaglia dei sostenitori degli OGM è la “libertà di semina“, libertà del resto minata da tempo dal monopolio delle grandi industrie sementiere che detengono la commercializzazione degli ibridi di mais su cui nulla si dice.

Seguendo questo ragionamento come legittimo nell’ambito della “libertà di impresa” – ferma restando la salvaguardia della libertà di ognuno a non essere danneggiato dalle libere azioni altrui – è necessario tenere conto del fatto che le semine OGM possono ledere la “libertà di impresa” degli agricoltori che coltivano in modo convenzionale non OGM o biologico e biodinamico che possono essere danneggiati direttamente e indirettamente dall’inquinamento da OGM.

Siccome certezze in merito non ce ne sono, né nel bene né nel male, se volessimo (e sottolineo “se”) dettare norme sulla coesistenza delle colture OGM con tutte le altre, il minimo che si dovrebbe fare è di imporre la stipula di polizze assicurative a favore degli agricoltori che dovessero essere danneggiati da queste colture, applicando il vecchio adagio “chi rompe paga e i cocci son suoi“.