Noi del Movimento 5 Stelle vogliamo e promuoviamo un’idea di economia e di società diversa da quell’attuale. Vogliamo una società in cui i prodotti durano a lungo e sono facilmente riparabili. Una società in cui il riuso dei materiali non sia un metodo alternativo, ma rappresenti la regola. Una società capace di dare un significato tangibile, concreto, al concetto di economia circolare, in cui i prodotti sono costruiti in modo tale da alimentare il ciclo produttivo con le parti di ricambio e non sono progettati per avere una vita breve, spesso troppo breve.

Penso sia chiaro a tutti che l’attuale modello produttivo non possa funzionare a lungo, sia perché le risorse sono finite e non infinite, sia perché il consumatore è spesso il primo ad essere insoddisfatto.
Infatti sono molti i consumatori si chiedono, giustamente, come sia possibile che una lavatrice duri appena 5 anni o che la batteria di un telefono cellulare smetta di funzionare dopo neanche 2 anni. La risposta che viene spesso data a queste domande è che il mercato funziona così. Ma noi parlamentari che abbiamo il privilegio di sedere in quest’aula abbiamo il dovere di domandarci se sia giusto che il sistema funzioni in questo modo. Personalmente penso proprio di no. Un modello alternativo è possibile? Non solo è possibile, è necessario e inevitabile.

I nostri genitori hanno vissuto in un’epoca in cui i beni duravano e si potevano riparare. Siamo tutti consci che quel tipo di società possa esistere senza problemi e che un’evoluzione dei modelli produttivi sia possibile. Dobbiamo tornare ad avere circuiti di riparazione a livello locale contribuendo così ad implementare il lavoro a livello locale.
Ciò che manca, come spesso accade, è la volontà politica necessaria a facilitare il cambiamento.

Penso sia necessario promuovere la riparazione dei beni nell’ambito della garanzia legale di un prodotto e che sia importante vietare l’inamovibilità delle parti essenziali di un bene. Se si rompe una parte di un prodotto costoso, deve essere possibile avere a disposizione i pezzi di ricambio e per lungo tempo. E questi ricambi devono essere proporzionati al costo del bene: il consumatore deve essere incentivato a preferire la riparazione all’acquisto. A questo proposito trovo anche giusto che gli Stati incentivino attraverso misure fiscali la riparazione e la vendita di seconda mano.

In questo senso, credo sia di ancor più utile investire in sistemi innovativi che supportino quest’idea, come ad esempio le stampa 3D utili a creare pezzi su richiesta dei professionisti, ma anche dei singoli consumatori, che possono così provvedere autonomamente alla riparazione.

Sono certo che riusciremo a tracciare questa strada per i cittadini europei che da tempo chiedono, per dare loro il futuro di cui hanno diritto.