Se oggi comprassi un dvd in Italia e decidessi di portarlo in Francia, l’idea di doverlo lasciare al confine perché non posso usufruirne all’estero sembrerebbe assurda.  Eppure, se compro in Italia una serie Tv oppure un film su una piattaforma digitale per vederlo sul portatile o sul tablet, una volta uscito dal Paese non sono più in grado di vederlo, perché i contenuti digitali non possono essere visti all’estero, nonostante abbia pagato come si paga un dvd. Questa pratica, che causa la mancanza della cosiddetta portabilità digitale, è una pratica insensata che vogliamo regolamentare in modo adeguato. Serie Tv, Film, Libri e Musica comprati online devono essere visibili anche all’estero su Pc e Tablet!

#InternetEquo

Prendiamo un dvd che ho acquistato tempo fa in Italia. Se qualche giorno fa, al mio arrivo in Belgio, qualcuno mi avesse fermato impedendomi di portarlo con me e di utilizzarlo qui a Bruxelles a tutti sembrerebbe una cosa assurda. Eppure, questo è esattamente quello che succede con i contenuti digitali quando non sono incorporati in un supporto fisico come un dvd.

Un cittadino europeo che viaggia non ha la garanzia di vedersi assicurato il diritto di continuare ad usufruire di un contenuto digitale che ha legalmente acquistato quando si sposta all’interno dell’Unione.

Alcuni dati sembrerebbero lasciarci intuire che si tratta di un problema marginale, che riguarda una minima parte di cittadini. Eurobarometro ci dice che solo il 20% dei cittadini comunitari ha sottoscritto un contratto per poter usufruire di contenuti multimediali online, e solo una minima parte passa all’estero più di 10 giorni in un anno.

Non dobbiamo tuttavia sottovalutare queste informazioni: stiamo parlando infatti delle fasce più dinamiche della società, di giovani lavoratori transfrontalieri, di studenti che effettuano esperienze all’estero, uno strato della popolazione che negli ultimi anni l’UE ha educato alla mobilità e alla capacità di scambio. Una fascia che, anche solo per mere ragioni anagrafiche, va aumentando di anno in anno ed incide sempre più sul mercato del consumo di contenuti digitali.

Non dobbiamo dimenticare che è a loro che si rivolge principalmente la proposta della Commissione, e perciò non dovremmo dimostrarci poco ambiziosi in merito agli obiettivi da raggiungere. Qualche anno fa queste stesse argomentazioni venivano addotte da chi voleva presentare il roaming come un problema di nicchia, che non meritava attenzione. A distanza di anni, sappiamo che così non è stato.

Certo, dobbiamo essere consapevoli che questo adattamento delle norme alle esigenze di un mercato in continua e rapidissima evoluzione non deve compromettere il delicato equilibrio che sottende al modello di finanziamento per la produzione di questi contenuti digitali.

Il panorama europeo è ricco, variegato, e sappiamo che i mercati nazionali non sono tra loro omogenei: ci sono differenze linguistiche, culturali, che vanno rispettate se non vogliamo che l’offerta si appiattisca e impoverisca.

Credo che l’obiettivo ultimo sia appunto quello di trovare il giusto equilibrio che riesca a garantire il diritto di chi ha legittimamente acquistato un contenuto digitale e allo stesso tempo permetta di mantenere un ambiente in cui le produzioni nazionali e locali non siano soffocate da pochi player di grosse dimensioni.

Ecco perché credo che sia necessario evitare che la portabilità così come proposta dalla Commissione si trasformi surrettiziamente in una licenza pan-europea. Deve essere chiara la distinzione tra portabilità e accessibilità.

A tal proposito sarà opportuno riflettere sul concetto di residenza abituale: sappiamo che esistono diversi criteri per definirla, e uno degli obiettivi del report sarà appunto individuare quali di questi criteri possono essere utili allo scopo, in modo da evitare che si abusi delle possibilità offerte dal regolamento, indicando residenze fittizie.

Allo stesso modo, bisogna che sia reso più chiaro il concetto di temporaneità. In particolare, se sia necessario o meno fissare un numero massimo di giorni all’anno durante i quali il consumatore può usufruire della portabilità. Si tratta di una soluzione plausibile? O è meglio privilegiare altri criteri?

E ancora, i sistemi di verifica. In che modo il fornitore del servizio è responsabile della verifica dell’identità di chi accede ai contenuti? E con che modalità deve avvenire l’accesso? Alla luce del fatto che i telefonini non utilizzano un IP, basta l’inserimento di username e password?

Non da ultimo, occorre riflettere sulla definizione di servizio gratuito. Non dobbiamo infatti cadere nell’errore di pensare che tutto ciò per cui non spendiamo direttamente del denaro sia per questo semplice motivo gratuito. Nel mondo digitale, ce ne rendiamo conto anche solo utilizzando un motore di ricerca, a volte l’utente paga fornendo informazioni personali e dati sulle proprie abitudini. Dati che sappiamo essere preziosi per gli operatori.

Possiamo definire questa fornitura gratuita per il solo fatto che il consumatore non è sempre pienamente consapevole del “bene” che sta cedendo?

Questi sono i punti principali su cui sarà necessario lavorare e confrontarsi.

Sono sicuro che tutti condividiamo in larga parte le stesse aspettative e le stesse perplessità in merito a questa proposta. Una proposta senza dubbio buona, ma che può essere ulteriormente migliorata. L’obiettivo è arrivare a un testo ambizioso ma equilibrato su cui tutti possiamo convergere.