In commissione Mercato Interno e Protezione Consumatori al Parlamento Europeo, dove sono il rappresentante per il Movimento 5 Stelle, è entrata nel vivo la discussione sull’economia collaborativa, la cosiddetta sharing economy, che comprende molte piattaforme ormai note e utilizzate da moltissimi di voi.

Parlo di Uber, BlaBlaCar, AirBnb e altre piattaforme che consentono di trovare facilmente figure professionali come dottori e idraulici, o la babysitter che guarda i vostri bambini quando siete al lavoro.

Piattaforme collaborative

Queste piattaforme non sono tutte uguali. Alcune sono di tipo puramente collaborativo, come CouchSurfing, dove si mette a disposizione il proprio divano (o un letto) con il solo scopo di conoscere gente nuova e chiedere ospitalità; oppure BlaBlaCar, dove si chiede o si concede un passaggio in auto a fronte di un rimborso per i costi di benzina e autostrada.

Sul car-pooling, tipo BlaBlaCar, il M5S è in prima linea anche in Italia. Esiste una pdl M5S depositata a giugno da Michele Dell’Orco, dove il car pooling è inteso come uso condiviso di autovetture private tra persone che devono compiere lo stesso itinerario a fronte di un rimborso spese. Anche il portavoce alla Camera Diego De Lorenzis ha presentato una proposta di legge per promuovere il car sharing tra privati.

Marco Zullo M5S Europa sharing economy

Piattaforme di Vendita di Servizi

Altre piattaforme di “Sharing”, invece, sono capaci di generare una vera e propria rendita in cui viene letteralmente venduto un servizio. AirBnb, dove un privato mette a disposizione la propria casa come fosse un B&B, non fa solidarietà, vende servizi e in Borsa vale 25,5 miliardi di dollari. Uber, che funziona alla stregua di un servizio di taxi, vale 50 miliardi di dollari di fatturato. E solo in Italia si parla di circa 450 milioni di elusione fiscale.

A Roma, con il portavoce alla Camera Mattia Fantinati ci siamo schierati in maniera favorevole a uno sviluppo dello Sharing economy, ma l’economia collaborativa deve essere regolata, quanto meno normativamente. Deve essere Sharing economy, non Shadow economy, non deve essere una scusa per lavorare in nero.

Per un cittadino che presta servizio per Uber e AirBnb deve essere chiaro quali sono i suoi obblighi. Ad esempio, un cittadino che affitta molti appartamenti di proprietà su AirBnb non può rientrare nell’ambito dell’economia collaborativa, perché conduce piuttosto un’attività commerciale. Chi affitta la propria casa quando è in vacanza o una stanza a casa propria mentre ci vive può rientrare nell’ambito della sharing.

I cittadini sono davvero tutelati?

Troppo spesso, nelle piattaforme che rientrano nell’economia della rendita, i consumatori non sanno se e come possono essere tutelati in caso di contenziosi. Gli accordi conclusi nelle piattaforme di sharing sono accordi individuali? Oppure si applicano le normative di settore (es, trasporti se si parla di Uber)? Si applicano le norme sui servizi, oppure le piattaforme non possono essere definite prestatori di servizi ma solo “luoghi” in cui le esigenze di due soggetti si incontrano? Nelle transazioni online si applicano le norme sul commercio online, oppure no, visto che i fornitori dei servizi (come i tassisiti di Uber) non vengono considerati “professionisti” dalle piattaforme che li gestiscono?

Gli interrogativi sono moltissimi e proprio in commissione IMCO, dove è sul tavolo il report sull’economia collaborativa, cercherò di fare ordine, in modo da consegnare un quadro chiaro a tutti coloro che utilizzano questi servizi. La stella polare sarà, come sempre, la tutela dei cittadini!