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TISA

Il “Trade in Service Agreement”, meglio conosciuto con l’acronimo di Tisa, è l’accordo che intende ridisegnare il mercato dei servizi in settori chiave come istruzione, trasporti, finanza, raccolta rifiuti, elettricità e telecomunicazioni, all’insegna di deregolamentazione e liberalizzazione selvaggia. Nei negoziati sono coinvolti i 28 Paesi dell’Ue, gli Stati Uniti, Il Canada, la Corea del Sud, il Giappone. In totale, oltre 50 paesi in rappresentanza delle economie più forti al mondo, ad eccezione di Brasile, Russia, India e Cina.

Trasparenza zero

Per anni i negoziati sul Tisa, proprio come quelli sul Ttip, sono stati portati avanti in segreto, senza che nemmeno il Parlamento Europeo – unica istituzione democraticamente eletta nell’Ue – ne fosse al corrente. Già a settembre 2014, il Movimento 5 Stelle aveva messo nero su bianco la propria forte contrarietà alla mancata trasparenza dei negoziati, in una interrogazione alla Commissione Europea. Da quel momento le informazioni sono cominciate ad arrivare all’esterno, ma con il contagocce.

I documenti che abbiamo potuto analizzare finora disegnano uno scenario da brividi, nel quale i servizi sono privati di qualunque funzione sociale o ambientale e risultano solamente legati a logiche di profitto.

I servizi che diventano privati non potranno diventare pubblici

Nell’articolo I-8 della bozza al vaglio nei negoziati si esplicita che una nazione “può adottare e mantenere restrizioni nel libero scambio di servizi”, ma queste restrizioni “non verranno adottate o mantenute con lo scopo di proteggere un particolare settore di servizi”, ma solo in caso di “gravi problemi con la bilancia dei pagamenti o per difficoltà finanziarie”.

Significa che consumatori e fornitori di servizi locali non potranno essere protetti o privilegiati attraverso un’adeguata regolamentazione, perché le tutele normative sarebbero in aperto contrasto con la liberalizzazione selvaggia sottoscritta nel Tisa.

In pratica, nei servizi oggetto dell’accordo l’attenzione alle esigenze locali sarebbe soppiantata dalla ricerca spasmodica del profitto e ambiti come l’associazionismo e il no-profit soccomberebbero.

La clausola che condanna gli Stati (e i loro cittadini) a pagare

Come accade nei negoziati del Ttip, anche nel Tisa si vuole inserire una sorta di clausola Isds che facilita le denunce da parte delle corporation, qualora lo Stato approvi normative che ne ledono i profitti. Grazie alla clausola in questione, le multinazionali potranno più facilmente vincere in giudizio contro gli Stati, qualora questi emanassero leggi che “ledono” i profitti delle corporation in tema di servizi. A pagare, come sempre, sarebbero i cittadini.

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