L’attuale modello agricolo, imperniato sull’agricoltura convenzionale, è ormai superato. Le moderne tecniche di coltivazione permettono di raggiungere ottime rese e una qualità superiore senza l’uso di pesticidi e fertilizzanti sintetici.

L’interesse dei consumatori per i prodotti biologici é in netta crescita. In consumi bio hanno registrato il segno + negli ultimi 7 anni, mentre nello stesso periodo in Italia i consumi alimentari sono calati a picco.

L´Italia è prima in Europa per numero di aziende e superfici dedicate al Bio, sesta al mondo in termini di fatturato. Nel nostro Paese il settore bio vale 3,1 miliardi di euro. Non certo cifre di poco conto. Nonostante questo, l’industria non è incoraggiata a investire nel biologico, perché questo rappresenta solo il 10% della superficie agricola nazionale.

Biologico

Il mondo accademico e la formazione dei tecnici sono tutti rivolti a sostenere l’agricoltura convenzionale ed é qui che va fatto il più grande salto di paradigma. In Italia quante sono le facoltà che preparano tecnici per il biologico? Quanti i corsi universitari dedicati?

Il sistema produttivo va riformulato, tenendo bene a mente che il processo inizia con l’agricoltore e termina con il consumatore, che del sistema è parte integrante e non un pollo da spennare.

Un euro investito nel Bio vale di più. Molto di più. Perché investire nei prodotti biologici significa investire sulla salute della terra che abitiamo e troppo spesso maltrattiamo. Significa investire sulla nostra salute. Sulla salute degli animali.

Ora il nuovo regolamento europeo sul biologico é stato messo in stand-by per sei mesi dalla Commissione Europea di Juncker (qui trovate l’articolo) anche per colpa del Governo italiano che non é riuscito a trovare l’accordo in Consiglio Europeo, nonostante il semestre di presidenza. Ora toccherá alla presidenza lettone fare uscire il biologico dal guado in cui il Governo Renzi l´ha ficcato.

La riforma del biologico

Quando verrá sbloccata, la riforma del biologico dovrá avere, a mio parere, alcuni punti fermi.

  • L’Europa dove fornire linee guida chiare agli organismi deputati al controllo nei singoli Paesi dell’Unione. Troppi paletti, come nella proposta iniziale della Commissione Europea, rischiano di frenare la crescita del settore, piuttosto che favorirla (come ho sostenuto anche nel mio intervento in aula). Per questo è necessario che la semplificazione salvaguardi la sostanza dei controlli. Insomma, meno carta e più ispezioni sul campo. Quello vero, fatto di terra. Possono andar bene soluzioni come la certificazione collettiva per le aziende che commercializzano in forma associata, ma è necessario programmare controlli a campione con soglie percentuali obbligatorie da rispettare, che non risultino troppo basse. Questi controlli dovrebbero avere una cadenza periodica, meglio se annuale.
  • Dalla normativa europea sul biologico occorre eliminare gli ostacoli che limitano lo sviluppo del settore: semplificare la burocrazia e i meccanismi di certificazione, aprire il mercato anche ai piccoli produttori, rafforzare i controlli; creare una concorrenza più leale all’interno e all’esterno dell’Europa. Solo in questo modo possiamo garantire sul serio agricoltori e consumatori.

biologico

Il Biologico in cifre

Le cifre elaborate dalla Sinab (Sistema d’Informazione Nazionale sull’Agricoltura Biologica e da Ismea) e diffuse da Anabio raccontano un settore in crescita. Nei primi 5 mesi del 2014 i consumi nel mercato italiano del biologico sono cresciuti del 17,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Si tratta dell’aumento di consumi nel comparto più elevato dal 2002. Gli operatori del settore biologico sono oltre 52mila con un aumento complessivo del 5,4% rispetto al 2012. Anche la superficie coltivata con metodi bio è in aumento del 12,8% rispetto al 2012.

Secondo l’analisi di Anabio-Cia, dal 2007 in poi l’offerta di prodotti biologici si è progressivamente avvicinata alla domanda, facendosi più accessibile nella distribuzione, nei prezzi, nella gamma di offerta. Negli ultimi due anni i listini al dettaglio dei prodotti ‘bio’ sono rimasti stabili (+0,3 per cento) e questo ha contribuito a far crescere la domanda.

In più, il biologico ha caratteristiche fortemente innovative, soprattutto se messe a confronto con la situazione generale dell’agricoltura: un’alta percentuale di donne imprenditrici (25 per cento), di giovani (il 50 per cento ha meno di 50 anni), di imprenditori agricoli aventi un livello di istruzione elevato (il 50 per cento dei produttori biologici ha il diploma, il 17 per cento la laurea).