La Commissione Europea ha deciso di riaprire la discussione sui vitigni, abbandonando il working document che andava nella giusta direzione per salvare Lambrusco, Sangiovese, Vermentino e molti altri vitigni dai ricorsi alla Corte di Giustizia Europea da parte dei produttori stranieri che vogliono scrivere in etichetta il nome dei nostri vitigni di eccellenza.

Lo stesso documento, però, sollevava perplessità su altri capitoli circa le regole di produzione dei vini e i portatori di interessi non erano stati adeguatamente coinvolti nel processo normativo. Dunque, ben venga che l’esecutivo abbia deciso di riaprire la discussione in modo da coinvolgere i produttori vitinicoli, oggi comprensibilmente impauriti dalla revisione della normativa di tutela dei vitigni perché lasciati soli e non adeguatamente informati dal Governo sulla questione.

Sulla nuova formulazione della normativa di tutela dei vitigni attualmente in discussione in Commissione Europea si é scatenato un polverone. Ieri in commissione agricoltura al Parlamento Europeo il vice direttore della Direzione Generale Agricoltura della Commissione Ue, Joost Korte, ha dichiarato che proporrà al commissario per l’Agricoltura Ue Phil Hogan di riaprire la discussione sul testo.

Marco Zullo M5S Europa lambrusco

Ora, per il ministro dell’Agricoltura Maurizio Martina, è il momento di scendere dalle barricate e cominciare ad avere un atteggiamento propositivo. Perché se lasciassimo tutto com’è, come intende fare il Pd, metteremmo in grave pericolo la tutela dei nostri viticoltori.

La Commissione ha più volte rimarcato che la normativa deve essere rivista perché è cambiata la base giuridica. Sarebbe dunque opportuno che il ministro Martina cogliesse l’occasione per coinvolgere i produttori, come il Movimento 5 Stelle chiede da tempo, in modo da elaborare una nuova formulazione che dia piena, effettiva e definitiva tutela al carattere territoriale e alla peculiarità del vitigno Lambrusco e delle produzioni vinicole DOP e IGP che da esso prendono il nome.

Va ricordato che il regolamento del 2009 garantisce la tutela del vitigno solo se il nome del vitigno è presente nel nome dell’indicazione geografica e se, al contempo, corrisponde al riferimento geografico della denominazione geografica.

Ma se la prima condizione viene soddisfatta dai vitigni italiani oggi tutelati, lo stesso non si può dire della seconda. In ‘Lambrusco di Sorbara’, l’elemento geografico è ‘Sorbara’, non ‘Lambrusco’. Il vitigno Lambrusco non fa dunque riferimento a nessuna area geografica. Questo lo espone, come molti vitigni italiani, al rischio di ricorsi.